venerdì 26 dicembre 2008


I'm a regular guy, not a movie star.

John Severson

domenica 21 dicembre 2008



Chris talked about how we are not defined by what we do. This was incredible to me because, as you know, I always define myself by how well I can do something, especially with work. This was amazing for me to hear, but it was even more amazing when I got home because I thought that since I now knew that I wasn't defined by what I can do that I would not do my work as well. It was just the opposite, I found myself wanting to do a better good and enjoying it more.

Mio brother Nick, dalla lettera del 18 agosto 2008

lunedì 1 dicembre 2008

Come andò che maestro Ciliegia, falegname, trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino.

C’era una volta…

— Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori.

No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.

Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.

Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome mastr’Antonio, se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura.

Appena maestro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di legno, si rallegrò tutto e dandosi una fregatina di mani per la contentezza, borbottò a mezza voce:

— Questo legno è capitato a tempo: voglio servirmene per fare una gamba di tavolino.

Detto fatto, prese subito l’ascia arrotata per cominciare a levargli la scorza e a digrossarlo, ma quando fu lì per lasciare andare la prima asciata, rimase col braccio sospeso in aria, perché sentì una vocina sottile, che disse raccomandandosi:

— Non mi picchiar tanto forte!

Figuratevi come rimase quel buon vecchio di maestro Ciliegia!

Girò gli occhi smarriti intorno alla stanza per vedere di dove mai poteva essere uscita quella vocina, e non vide nessuno! Guardò sotto il banco, e nessuno; guardò dentro un armadio che stava sempre chiuso, e nessuno; guardò nel corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno; apri l’uscio di bottega per dare un’occhiata anche sulla strada, e nessuno! O dunque?…

— Ho capito; — disse allora ridendo e grattandosi la parrucca, — si vede che quella vocina me la sono figurata io. Rimettiamoci a lavorare.

E ripresa l’ascia in mano, tirò giù un solennissimo colpo sul pezzo di legno.

— Ohi! tu m’hai fatto male! — gridò rammaricandosi la solita vocina.

Questa volta maestro Ciliegia resta di stucco, cogli occhi fuori del capo per la paura, colla bocca spalancata e colla lingua giù ciondoloni fino al mento, come un mascherone da fontana. Appena riebbe l’uso della parola, cominciò a dire tremando e balbettando dallo spavento:

— Ma di dove sarà uscita questa vocina che ha detto ohi?… Eppure qui non c’è anima viva. Che sia per caso questo pezzo di legno che abbia imparato a piangere e a lamentarsi come un bambino? Io non lo posso credere. Questo legno eccolo qui; è un pezzo di legno da caminetto, come tutti gli altri, e a buttarlo sul fuoco, c’è da far bollire una pentola di fagioli… O dunque? Che ci sia nascosto dentro qualcuno? Se c’è nascosto qualcuno, tanto peggio per lui. Ora l’accomodo io!

E così dicendo, agguantò con tutt’e due le mani quel povero pezzo di legno e si pose a sbatacchiarlo senza carità contro le pareti della stanza.

Poi si messe in ascolto, per sentire se c’era qualche vocina che si lamentasse. Aspettò due minuti, e nulla; cinque minuti, e nulla; dieci minuti, e nulla!

— Ho capito, — disse allora sforzandosi di ridere e arruffandosi la parrucca, — si vede che quella vocina che ha detto ohi, me la sono figurata io! Rimettiamoci a lavorare.

E perché gli era entrata addosso una gran paura, si provò a canterellare per farsi un po’ di coraggio.

Intanto, posata da una parte l’ascia, prese in mano la pialla, per piallare e tirare a pulimento il pezzo di legno; ma nel mentre che lo piallava in su e in giù, sentì la solita vocina che gli disse ridendo:

— Smetti! tu mi fai il pizzicorino sul corpo!

Questa volta il povero maestro Ciliegia cadde giù come fulminato. Quando riaprì gli occhi, si trovò seduto per terra.

Il suo viso pareva trasfigurato, e perfino la punta del naso, di paonazza come era quasi sempre, gli era diventata turchina dalla gran paura.

Carlo Collodi, Capitolo primo di Pinocchio

mercoledì 26 novembre 2008

"I've seen things you people wouldn't believe.

Attack ships on fire off the shoulder of Orion.
I watched c-beams glitter in the dark near the Tannhäuser Gate.
All those... moments will be lost in time,
like tears... in rain.

Time to die."



I don't know why he saved my life. Maybe in those last moments he loved life more than he ever had before. Not just his life - anybody's life, my life. All he'd wanted were the same answers the rest of us want. Where did I come from? Where am I going? How long have I got? All I could do was sit there and watch him die.

Roy Batty - Rick Deckard, finale di Blade Runner

mercoledì 15 ottobre 2008

E perché non imparare questi testi a memoria? In nome di che cosa non appropriarsi della letteratura? Forse perché non si fa più a tempo? Vorremmo lasciare volar via pagine simili come foglie morte solo perché non è più stagione? E' davvero auspicabile non trattenere simili incontri? Se questi testi fossero persone, se queste pagine eccezionali avessero volti, dimensioni, una voce, un sorriso, un profumo, non passeremmo il resto della vita a morderci le mani per averli lasciati scappare via? Perché condannarci a conservarne solo una traccia che sbiadirà fino a essere solo il ricordo di una traccia... [...] In nome di quale principio, questo scempio? Unicamente perché i professori di una volta erano noti per farci recitare poesie spesso idiote e perché agli occhi di alcuni vecchi rimbambiti la memoria era più un muscolo da allenare che una biblioteca da arricchire? Ah! Quelle poesie settimanali di cui non capivamo nulla, ognuna delle quali prendeva il posto della precedente, come se ci esercitassero soprattutto all'oblio! C'è da chiedersi se i nostri professori ce le dessero perché le amavano o invece perché i loro maestri avevano ripetuto loro in continuazione che appartenevano al Pantheon delle Lettere Morte. Anche quelli, me ne hanno appioppati di zero! E ore di punizione! "Tanto per cambiare, Pennacchioni, non abbiamo imparato il testo a memoria!" Ma sì, signor maestro, ancora ieri la sapevo, l'ho recitata a mio fratello, solo che ieri sera era una poesia, ma lei stamattina si aspetta un testo a memoria, e questo trabocchetto mi blocca.
[...]
Imparando a memoria, non supplisco a nulla, aggiungo a tutto.
[...]
"Ma come, professor Pennacchioni, fa studiare i testi a memoria? Mio figlio non è più un bambino!". Suo figlio, cara signora, sarà sempre un bambino, un figlio della lingua, e anche lei un piccolo bebè, e io un ridicolo marmocchio, e tutti quanti noi minutaglia trascinata dal grande fiume scaturito dalla sorgente orale delle Lettere, e suo figlio vorrà sapere in quale lingua nuota, che cosa lo tiene a galla, lo disseta e lo nutre, e vorrà farsi lui stesso portatore di tale bellezza, e con quale orgoglio!, gli piacerà tantissimo, dia retta a me, il gusto di quelle parole in bocca, i razzi illuminanti di quei pensieri nella testa, e scoprire le prodigiose capacità della sua memoria, la sua infinità duttilità, questa cassa di risonanza, il volume inaudito a cui far cantare le frasi più belle, riecheggiare le idee più chiare, andrà pazzo per questo nuoto sublinguistico quando avrà scoperto la grotta insaziabile della propria memoria, adorerà tuffarsi nella lingua, pescarvi i testi in profondità, e per tutta la sua vita saperli lì, costitutivi del suo essere, poterseli recitare all'improvviso, dirli a se stesso per sentire il sapore delle parole. Portatore di una tradizione scritta che per merito suo tornerà a essere orale, forse li reciterà a qualcun altro, per condividerli, per il gioco della seduzione, o per fare il saccente, è un rischio da correre. Così facendo si ricongiungerà con l'epoca che precede la scrittura, quando la sopravvivenza del pensiero dipendeva solo dalla nostra voce. Se lei la chiama regressione, io lo chiamo ricongiungimento! Il sapere è innanzitutto carnale. Le nostre orecchie e i nostri occhi lo captano, la nostra bocca lo trasmette, Certo, ci viene dai libri, ma i libri escono da noi. Fa rumore, un pensiero, e il piacere di leggere è un retaggio del bisogno di dire.

Daniel Pennac, da Diario di scuola

sabato 6 settembre 2008


Mio caro Malacoda,
Sono reduce da una settimana stressante. Mi sono travestito da giornalista e mi sono intrufolato nei padiglioni della Fiera di Rimini dov’era in corso il Meeting per l’amicizia fra i popoli. Non è cosa per noi, ma è comunque un’esperienza utile, aiuta a identificare il nemico. E il nemico, è stato chiaro una volta per tutte, non è il bene, non sono i “valori” di cui i cristiani e gli uomini di buona volontà si fanno alfieri; il nemico è uno solo: il nemico è l’uomo. Non l’umanità, l’uomo. Quello singolo, concreto, quello che dice “io”, quello che si sente morire quando è ammalato, che si sente felice quando è innamorato, quello che ti deruba, che uccide, che aiuta gli altri oppure li maledice… quello che sa dire “tu”. Ne ho incontrati tanti fra i settecentomila del Meeting e ne ho tratta una conclusione: alla fine è questione di teoria economica, una teoria del valore. Non i valori, ma il valore. Ho incontrato una donna ugandese malata di Aids, condannata a convivere (e morire) con la sua malattia, ma è una donna che si è sentita dire: “Tu vali più della tua malattia” e ha scoperto che è vero. L’ha scoperto sulla sua pelle e su quella di suo figlio, non le hanno detto che la famiglia è un valore, l’hanno guardata commossi per quello che era, fino a farla piangere. Ho incontrato una donna che vive tra i favelados in Brasile, una che un giorno ha guardato in faccia il capomafia del suo quartiere. “Che guardi donna, sai chi sono io e quanti ne ho ammazzati?”. “So chi sei e so che non sei quello che hai fatto”. “Voglio cambiare, mi puoi aiutare?”. “Vieni a trovarmi”. Ho stretto una mano che ha ucciso, diciamo che mi sentivo a casa, poi ho guardato l’assassino negli occhi e l’avrei ucciso io: non rivendica la sua innocenza, non vuole sconti, aspetta la fine condanna e dice che può essere libero anche dentro; sulla maglietta aveva una scritta: “Vale la pena”, assurda se non si vedesse che per lui è vera. Ho incontrato un uomo che raccoglie moribondi per strada e tiene loro la mano finché muoiono: “Gratitudine –mi ha detto-. Ero moribondo io, e un uomo mi ha tenuto la mano finché non è morto lui. Che posso fare di diverso?”. Ma si può vivere così? Ho parlato a lungo con uno scrittore ebreo, uno scampato alla Shoah, mi ha raccontato degli orrori dei nazisti, ma anche di quelli di profughi ebrei, delle violenze sui bambini, delle miserie di cui si macchia l’uomo che vuole sopravvivere; a un certo punto ha detto: “A quei tempi nessuno sapeva cosa fare della vita che aveva salvato. Io ho chiesto a un vecchio se mi insegnava a pregare. Lui mi picchiava, ma ne è valsa la pena”. Mentre mi aggiravo per i padiglioni della Fiera mi sentivo accerchiato da tremila “volontari”, lavorano gratis una settimana e anche loro ripetono che “ne vale la pena”, uno di loro mi ha citato uno scrittore francese che già ci procurò grane nel secolo scorso, Paul Claudel: “A che vale la vita se non per essere data?”. E qui ho capito una cosa paradossale: quando si dice che una cosa non ha prezzo, di solito si intende che ne ha uno altissimo e che solo pochi possono permettersela. Questi strani esseri che abitano da protagonisti il mondo senza complessi di inferiorità quando dicono che una cosa non ha prezzo intendono dire che è gratis e, guardandoti stupito che tu non capisca, ti dicono: “Che cosa darà l’uomo in cambio di se stesso?”. Per fortuna è finito, ora sui giornali e dai pulpiti si tornerà a parlare di valori. Noi ci saremo.
Tuo affezionatissimo zio
Berlicche

Da Le nuove lettere di Berlicche del Tempi del 4 settembre 2008

venerdì 15 agosto 2008


La bellezza suscita ammirazione,
l'ammirazione porta al lavoro,
il lavoro è per resuscitare.

Cyprian Norwid

La Thuile

lunedì 14 luglio 2008



Almost heaven,
West Virginia,
Blue Ridge Mountains,
Shenandoah River.
Life is old there,
older than the trees,
younger than the mountains,
growin' like a breeze.

Country roads,
take me home,
to the place I belong.
West Virginia, mountain momma,
take me home, country roads.

All my mem'ries,
gather 'round her,
miner's lady,
stranger to blue water,
dark and dusty
painted on the sky,
misty taste of moonshine,
teardrop in my eye.

I hear her voice,
in the mornin' hours she calls me,
the radio reminds me of my home far away.
And drivin' down the road I get a feelin'
that I should have been home yesterday,
yesterday.

John Denver, Take Me Home Country Roads

Kensington, MA 14 luglio 12.21

giovedì 3 luglio 2008


If I cannot smoke cigars in Heaven, I shall not go.

Mark Twain

Crosby, MN 3 luglio 13.15

mercoledì 2 luglio 2008


(Shake it up)

I never loved nobody fully

Always one foot on the ground

And by protecting my heart truly

I got lost in the sounds

I hear in my mind

All these voices

I hear in my mind all these words

I hear in my mind all this music


And it breaks my heart

And it breaks my heart

And it breaks my heart

It breaks my heart


And suppose I never ever met you

Suppose we never fell in love

Suppose I never ever let you kiss me so sweet and so soft

Suppose I never ever saw you

Suppose we never ever called

Suppose I kept on singing love songs just to break my own fall

Just to break my fall

Just to break my fall

Break my fall

Break my fall


All my friends say that of course its gonna get better

Gonna get better

Better better better better

Better better better


I never love nobody fully

Always one foot on the ground

And by protecting by heart truly

I got lost

In the sounds

I hear in my mind

All these voices

I hear in my mind all these words

I hear in my mind

All this music

And it breaks my heart

It breaks my heart


I hear in my mind all of these voices

I hear in my mind all of these words

I hear in my mind all of this music


Breaks my

Heart

Breaks my heart


Regina Spektor, Fidelity


Crosby, MN 2 luglio 13.04

venerdì 20 giugno 2008


Who's to say
What's impossible
Well they forgot
This world keeps spinning
And with each new day
I can feel a change in everything
And as the surface breaks reflections fade
But in some ways they remain the same
And as my mind begins to spread its wings
There's no stopping curiosity

I want to turn the whole thing upside down
I'll find the things they say just can't be found
I'll share this love I find with everyone
We'll sing and dance to Mother Nature's songs
I don't want this feeling to go away

Who's to say
I can't do everything
Well I can try
And as I roll along I begin to find
Things aren't always just what they seem

I want to turn the whole thing upside down
I'll find the things they say just can't be found
I'll share this love I find with everyone
We'll sing and dance to Mother Nature's songs
This world keeps spinning and there's no time to waste
Well it all keeps spinning spinning round and round and

Upside down
Who's to say what's impossible and can't be found
I don't want this feeling to go away

Please don't go away
Please don't go away
Please don't go away
Is this how it's supposed to be
Is this how it's supposed to be

Jack Johnson, Upside Down

Crosby, MN 20 giugno 16.51

mercoledì 18 giugno 2008

Su ogni istante grava il peso dell'eterno.

Ada Negri


Crosby, MN 17 giugno 22.25

venerdì 13 giugno 2008


While Praying One Day A Woman Asked, "Who Are You, Lord?" He Answered, "I Am" "But Who Is I Am?" She Said. And He Replied... "I Am Love, I Am Peace, I Am Grace, I Am Joy, I Am The Way, Truth, And The Light... I Am The Comforter, I Am Strenght, I Am Safety, I Am Shelter, I Am Power, I Am The Creator, I Am The Beginning And The End, I Am The Most High." The Girl With Tears In Her Eyes Looked Toward Heaven And Said, "Now I Understand. But Lord, Who Am I?" Then God Tenderly Wiped The Tears From Her Eyes And Whispered, "You Are Mine."

Crosby, MN 12 giugno 20.02

sabato 7 giugno 2008



Più potente di Estë è Nienna, sorella dei Fëanturi; essa dimora da sola. Le è noto il dolore, e si lamenta d'ogni ferita sofferta da Arda per i guasti di Melkor. Così grande fu la sua pena quando la Musica eruppe, che il suo canto si trasformò in lamento assai prima che terminasse, e il suono luttuoso fu integrato nei temi del Mondo prima che questo avesse inizio. Ma essa non piange per sé; e color che la odono, apprendono la pietà e a perseverare nella speranza. Le sue aule si trovano a occidente dell'Occaso, ai confini del mondo; di rado essa viene alla città di Valimar, dove tutto è letizia. Si reca piuttosto alle aule di Mandos, poste vicino alle sue; e tutti coloro che in Mandos attendono, la invocano perché essa arreca forza di spirito e trasforma il dolore in saggezza. Le finestre di casa sua guardano fuori dalle pareti del mondo.

John Ronald Reuel Tolkien, da Valaquenta "Novero dei Valar" - Il Silmarillion

Crosby, MN 6 giugno 21.26

martedì 27 maggio 2008

Suil a Gra, Paolo!


Algo se muere en el alma, cuando una amigo se va...
Cuando un amigo se va, algo se muere en el alma
cuando un amigo se va; algo se muere en el alma,
cuando un amigo se va.
Cuando un amigo se va, y va dejando una huella,
que no se puede borrar; y va dejando una huella
que no se puede borrar.

No te vayas todavìa, no te vayas, por favor,
no te vayas todavìa
que hasta la guitarra mia llora cuando dice adiòs.

Un pañuelo de silencio a la hora de partir.
A la hora de partir...
A la hora de partir porque hay palabras que hierem,
y no se pueden decir...

El barco se hace pequeño cuando se aleja en el mar.
Cuando se aleja en el mar...
Cuando se aleja en el mar y cuando se va perdiendo,
que’ grande es la soledad...

Ese vacío que deja el amigo que se va.
El amigo que se va...
El amigo que se va, es como un pozo sin fondo
que no se puede llenar...

Sevillanas del adiòs

lunedì 26 maggio 2008

Ride la luna ciara
sora castel Toblin,
mi 'ncordo la chitara,
ti 'ncorda 'l mandolin
e nente 'n barca.

Dal vento, senza remo,
ne lasserem portar
e alegri canteremo
fazendo risonar
la val del Sarca.

E quando 'n mez al lac la melodia
passerà 'n sol minor,
mi te dirò le pene del me cor
e ti te me dirai che te sei mia.

Tornadi su la riva,
felize te ofrirò
en ramoscel de oliva
e po' te baserò
la boca bela.

E taserem, ma alora
en coro de ciciòi
saluderà quell'ora
e passerà su noi
l'ultima stela.

E quando al primo sol la melodia
tornerà 'n mi magior,
ti, co' la testa bionda posata sul me cor,
te me farai sentir che te sei mia.

Serenata a Castel Toblin (canto trentino)

mercoledì 21 maggio 2008


- Amico, hai vinto: io ti perdon... perdona
tu ancora, al corpo no, che nulla pave,
a l'alma sì; deh! per lei prega, e dona
battesmo a me ch'ogni mia colpa lave. -
In queste voci languide risuona
un non so che di flebile e soave
ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,
e gli occhi a lagrimar invoglia e sforza.

Poco quindi lontan nel sen del monte
scaturia mormorando un picciol rio.
Egli v'accorse e l'elmo empié nel fonte,
e tornò mesto al grande ufficio e pio.
Tremar sentì la man, mentre la fronte
non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
La vide e la conobbe: e restò senza
e voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza!

Non morì già, ché sue virtuti accolse
tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,
e premendo il suo affanno a dar si volse
vita con l'acqua a chi col ferro uccise.
Mentre egli il suon de' sacri detti sciolse,
colei di gioia trasmutossi, e rise:
e in atto di morir lieto e vivace,
dir parea: "S'apre il ciel; io vado in pace".

D'un bel pallore ha il bianco volto asperso,
come a' gigli sarian miste viole,
e gli occhi al cielo affisa, e in lei converso
sembra per la pietate il cielo e 'l sole;
e la man nuda e fredda alzando verso
il cavaliero in vece di parole
gli dà pegno di pace. In questa forma
passa la bella donna, e par che dorma.

Torquato Tasso, dalla Gerusalemme liberata XII

lunedì 19 maggio 2008

The day was dying
and the wind was sighing
As I lay crying in my prison cell
And that auld triangle,
went jingle jangle
Along the banks of the Royal Canal.

Brendan Behan,
da The Auld Triangle

mercoledì 14 maggio 2008


Giunto è già 'l corso della vita mia,
con tempestoso mar, per fragil barca,
al comun porto, ov'a render si varca
conto e ragion d'ogni opra trista e pia.

Onde l'affettüosa fantasia
che l'arte mi fece idol e monarca
conosco or ben, com'era d'error carca,
e quel c'a mal suo grado ogn'uom desia.

Gli amorosi pensier, già vani e lieti,
che fien or, s'a duo morte m'avicino?
D'una so 'l certo, e l'altra mi minaccia.

Né pinger né scolpir fie più che quieti
l'anima volta a quell'amor divino
c'aperse a prender noi 'n croce le braccia.

Michelangelo Buonarroti, Rime CCLXXXV

martedì 13 maggio 2008


Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta per sé, in sé, nella sua stessa natura. Esigevano che quella gamba fosse ben fatta. E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano. Secondo lo stesso principio con cui costruivano le cattedrali. Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto. Un sentimento incredibilmente profondo che oggi definiamo l’onore dello sport, ma a quei tempi diffuso ovunque. Non soltanto l’idea di raggiungere il risultato migliore possibile, ma l’idea, nel meglio, nel bene di ottenere di più. Si trattava di uno sport, di una emulazione disinteressata e continua, non solo a chi faceva meglio, ma a chi faceva di più; si trattava di un bello sport, praticato a tutte le ore, da cui la vita stessa era penetrata. Intessuta. Un disgusto senza fine per il lavoro mal fatto. Un disprezzo più che da gran signore per chi avesse lavorato male. Ma una tale intenzione nemmeno li sfiorava. Tutti gli onori convergevano in quest’unico onore. Una decenza, e una finezza di linguaggio. Un rispetto del focolare. Un senso di rispetto, di ogni rispetto, dell’essenza stessa del rispetto. Una cerimonia per così dire costante. D’altra parte, il focolare si confondeva ancora molto spesso con il laboratorio. E l’onore del focolare e l’onore del laboratorio erano il medesimo onore. Era l’onore del medesimo luogo. Era l’onore del medesimo fuoco. Ogni cosa, dal risveglio, era un ritmo e un rito e una cerimonia. Ogni fatto era un avvenimento consacrato. Ogni cosa era una tradizione, un insegnamento; tutte le cose avevano un loro rapporto interiore, costituivano la più santa abitudine. Tutto era un elevarsi, interiore, e un pregare tutto il giorno: il sonno e la veglia, il lavoro e il misurato riposo, il letto e la tavola, la minestra e il manzo, la casa e il giardino, la porta e la strada, il cortile e la scala, e le scodelle sul desco. Dicevano per ridere, e per prendere in giro i loro curati, che lavorare è pregare, e non sapevano di dire così bene.

Charles Péguy, da L'argent

lunedì 12 maggio 2008


Per una vita così piena, così vissuta, così eterna, vale la pena fare fatica. Senza la fatica di mettersi in cammino, non ci sarà mai nessuno che cammina per me. Uno lo fa per un amore più grande, così grande da cambiare la vita! E cambiare la vita vuol dire cambiare ogni momento da qui a sempre: fare ogni cosa con la sua faccia nella coda dell'occhio, e gustare la pienezza sempre.

Anna Roberti, dalla lettera a Dante del 5 novembre 2007

sabato 10 maggio 2008


Ti sto scrivendo da Follonica, dove amo così tanto nuotare e nuotare e nuotare, con il mare che mormora la sua voce che riecheggia la musica del primo giorno del mondo, tutta attorno a me. Una città piena di gabbiani malinconici e di rondini gioiose, piena del prufumo delle buganville. Due anni fa passeggiavo qui da solo, sul far della sera: la città erà piena di gioie semplici -le madri che portavano i bambini a mangiare il gelato, coppie di ragazzi e ragazze mano nella mano con dolce trepidazione, i vecchi seduti sulle panchine a chiacchierare. La città era piena delle luci dalle finestre e dai lampioni ed anche in cielo splendevano le stelle, ma come puoi ben immaginare tra cielo e terra c'èra sulla linea dell'orizzonte come una linea nera, un salto di buio che separava nettamente le due zone. È allora che ho visto una minuscola luce muoversi sulla linea più nera dell'orizzonte. Una barca di pescatori aveva una luce accesa e sembrava che una stellina fosse scesa dal cielo e venisse verso di noi, verso di me. Ero senza parole dall'emozione: forse era un barca, forse no, chissà... Il messaggio per me era comunque chiaro: non siamo stati lasciati soli, noi poveri uomini, con le nostre povere luci contro il buio. Gesù -Earendil- Stella del mattino è sceso da noi con la Sua luce eterna. Eala Earendil!

Edoardo Rialti, dalla lettera del 9 luglio 2007

lunedì 5 maggio 2008

Ma cantare, sognare, ridere.
Splendido, da solo, in libertà.
Aver l'occhio sicuro,

la voce in chiarità.
Mettersi se ti va
di sghimbescio il cappello.
Per un sì, per un no,
fare un'ode o fare un duello.
Fantasticare
a caccia non di gloria o di fortuna
su un certo viaggio a cui si pensa,
sulla luna.
Se poi viene il trionfo,
ebbene, fatti suoi;
ma mai, mai diventare
un "come tu mi vuoi".
E seppur quercia o tiglio davvero non si è...
Se vuoi proprio non alto, ma farcela da sè.

da Cyrano de Bergerac

sabato 3 maggio 2008


DON MIGUEL E' l'amore dell'Eterno che mi consuma, padre.
(Si getta in ginocchio)
L'ABATE E cosa cercate qui, figlio mio?
DON MIGUEL Il castigo del Dio geloso; l'umiltà del cuore; l'amore del reale.

Oscar Vladislas de Milosz, da Miguel Mañara

mercoledì 30 aprile 2008





Splendore? Se si guarda a ogni dettaglio, a ogni singola stazione del quotidiano decorso del giorno , si trova tutt'altro che splendore. E tuttavia sulla vita degli uomini aleggia una sorta di splendore. Solo che gli uomini non se ne accorgono, tranne che qualche volta, nei ricordi.

Christoph Probst

martedì 29 aprile 2008


Si può, si può
si può, siamo liberi come l'aria, si può
siamo noi che facciam la storia,
si può.

Si può, io mi vesto come mi pare, si può
sono libero di creare, si può
son padrone del mio destino, si può
posso mettermi un orecchino,
si può.

Si può, fare critiche dall'esterno, si può
sputtanare tutto il governo, si può
non far uso dei congiuntivi, si può
siamo liberi e trasgressivi, si può.

Basta uno spunto qualunque e la nostra fantasia non ha confini
basta un pennello, un colore, e noi siamo pronti
a perpetuare la creatività dei popoli latini.

Si può, fare i giovani a sessant'anni, si può
regalare i blue-jeans ai nonni, si può
in ignobili trasmissioni, si può
schiaffeggiarsi come coglioni, si può.

Si può, far politica coi fumetti, si può
divertirsi con Andreotti, si può
con la satira che straripa, si può
fare il verso persino al papa, si può.

Con quella vena di razza italiana che è vivace e battagliera
è naturale che poi siamo noi che possiam cambiar tutto
a patto che si lasci tutto come era.

Si può, siamo liberi come l'aria, si può
siamo noi che facciam la storia, si può
libertà, libertà, libertà, libertà obbligatoria.

Sono assai cambiato, sono così spregiudicato
sono infedele, sono matto, posso far tutto.
Viene la paura di una vertigine totale
viene la voglia un po' anormale di inventare una morale…
utopia, utopia, utopia-pia-pia.

Si può, ignorare gli intellettuali, si può
fare il tifo per gli animali, si può
far la guerra per scopi giusti, si può
siamo autentici pacifisti, si può.

Per ogni assillo, rovello sociale, sembra che la gente goda
tutti che dicono la loro, facciamo un bel coro di opinioni
fino a quando il fatto non è più di moda.
Si può, rovesciare la notte e il giorno, si può
eccitarsi con un film porno, si può
patteggiare sulla galera, si può
ricantare "Faccetta nera", si può.

Si può, trasgredire qualsiasi mito, si può
invaghirsi di un travestito, si può
consultarsi con una strega, si può
farsi ognuno una bella lega, si può.

E in questa tua libertà illimitata di espressione e di parola
l'unica rivoluzione che noi abbiamo fatto
ha un difetto: è la rivoluzione della Coca-Cola!

Si può, siamo liberi come l'aria, si può
siamo noi che facciam la storia, si può.

Ma come? Con tutte le libertà che avete, volete anche la libertà di pensare?...
Utopia, utopia, utopia-pia-pia.
Libertà, libertà, libertà, libertà
libertà, libertà, libertà, libertà
libertà, libertà, libertà, libertà...

Giorgio Gaber, Si può

giovedì 24 aprile 2008

Non ti ho detto che se credi vedrai la gloria di Dio?

Giovanni 11, 40

lunedì 21 aprile 2008


Soffriamo,
gli anni passano,
lasciamo tante cose per via,
fuorchè il bisogno
di fardelli

Derek Walcott, da Concludendo

sabato 19 aprile 2008

Woke up cold one Tuesday,
I'm looking tired
and feeling quite sick,
I felt like there was something
missing in my day to day life,
So I quickly opened the wardrobe,
Pulled out some jeans and a T-Shirt that seemed clean,
Topped it off with a pair of old shoes,
That were ripped around the seams,
And I thought these shoes
just don't suit me.

Hey, I put some new shoes on,
And suddenly everything is right,
I said, hey, I put some new shoes on and everybody's smiling,
It's so inviting,
Oh, short on money,
But long on time,
Slowly strolling in the sweet sunshine,
And I'm running late,
And I don't need an excuse,
'cause I'm wearing my brand new shoes.

Woke up late one Thursday,
And I'm seeing stars as I'm rubbing my eyes,
And I felt like there were two days missing,
As I focused on the time,
And I made my way to the kitchen,
But I had to stop from the shock of what I found,
A room full of all off my friends dancing round and round,
And I thought hello new shoes,
Bye bye them blues.

Take me wandering through these streets,
Where bright lights and angels meet,
Stone to stone they take me on,
I'm walking to the break of dawn.

Paolo Nutini, New Shoes

venerdì 18 aprile 2008


Sono entrato in casa e mi sono diretto verso i fogli bianchi, verso la fede e il dubbio, il cosmo e il caos, per cercare di organizzare la vita che è stata e che nella ricostruzione torna a essere, se non la sua, almeno una vita, e se non una vita almeno, forse un racconto, un più o meno dolce passatempo sulle ridicole cose che, nel loro insieme, portano il nome di amore.

Goeran Tunstroem

giovedì 17 aprile 2008



La possibilità migliore che c'è nella vita è fare duramente un lavoro utile.

da Un ponte per Terabithia

mercoledì 16 aprile 2008


She breaks the darkness with a hope no one has seen
Beneath her heart there grows a grace that has not been
Nazareth Morning
Has come to be
The dawn that eyes have longed to see

Carpenter's lady with a baby at her breast
A humble court where kings and shepherds are her guests
Nazareth Morning
Bethlehem Star
A light for people near and far
Dawn grows to Day, Day comes to stay
The dark of sin won't dim the way

The darkness lied and tried to hide the day in death
Yet in her cries there lies a hope in every breath
Nazareth Morning
Calvary Night,
Can never stop the truth and light

Another morning brings an unexpected light
Another Mary sees an unexpected sight
Nazareth Morning
Rolls stones away
No night can end this endless day

Nazareth Morning
Will always be
The dawn that longs to set us free

Veras/ Maniscalco - Bay Ridge Band, Nazareth Morning

domenica 13 aprile 2008


Nello snervante comodo della vita moderna la massa delle regole che danno consistenza alla vita si è spappolata; […] la maggior parte delle fatiche che imponeva il mondo cosmico sono scomparse e con esse è scomparso anche lo sforzo creativo delle personalità […]. Ci siamo confinati nelle astrazioni anziché andare incontro alla realtà concreta. Certo, è difficile cogliere la realtà concreta e il nostro spirito sceglie il minimo sforzo. Forse la pigrizia naturale dell’uomo gli suggerisce la semplicità dell’astratto anziché la complessità del concreto.
È meno arduo salmodiare formule o sonnecchiare sui principi che cercare laboriosamente come sono fatte le cose e quale sia il metodo per servirsene. Osservare è meno facile che ragionare. È risaputo che scarse osservazioni e molti ragionamenti sono causa di errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità. Ma sono assai più gli spiriti capaci di costruire un sillogismo che quelli che sanno cogliere esattamente il concreto.

Alexis Carrel, da Riflessioni sulla condotta della vita

sabato 12 aprile 2008

mercoledì 9 aprile 2008


E se io stessi sorridendo
e stessi correndo tra le vostre braccia,
riuscireste a vedere…
quello che vedo io ora?


Christopher J. McCandless,
da Into the wild

venerdì 4 aprile 2008
















Found myself today
Oh I found myself and ran away
Something pulled me back
The voice of reason I forgot I had
All I know is you're not here to say
What you always used to say
But it's written in the sky tonight

So I won't give up
No I won't break down
Sooner than it seems life turns around
And I will be strong
Even if it all goes wrong
When I'm standing in the dark
I'll still believe
Someone's watching over me

Seen that ray of light
And it's shining on my destiny
Shining all the time
And I wont be afraid
To follow everywhere it's taking me
All I know is yesterday is gone
And right now I belong
To this moment to my dreams

It doesn't matter what people say
And it doesn't matter how long it takes
Believe in yourself and you'll fly high
And it only matters how true you are
Be true to yourself and follow your heart

Hilary Duff, Someone's watching over me

sabato 29 marzo 2008


Tough, you think you've got the stuff
You're telling me and anyone
You're hard enough

You don't have to put up a fight
You don't have to always be right
Let me take some of the punches
For you tonight

Listen to me now
I need to let you know
You don't have to go it alone

And it's you when I look in the mirror
And it's you when I don't pick up the phone
Sometimes you can't make it on your own

We fight all the time
You and I...that's alright
We're the same soul
I don't need...I don't need to hear you say
That if we weren't so alike
You'd like me a whole lot more

Listen to me now
I need to let you know
You don't have to go it alone
And it's you when I look in the mirror
And it's you when I don't pick up the phone
Sometimes you can't make it on your own

I know that we don't talk
I'm sick of it all
Can - you - hear - me - when - I -Sing,
you're the reason I sing
You're the reason why the opera is in me...

Where are we now?
I've got to let you know
A house still doesn't make a home
Don't leave me here alone...

And it's you when I look in the mirror
And it's you that makes it hard to let go
Sometimes you can't make it on your own
Sometimes you can't make it
The best you can do is to fake it
Sometimes you can't make it on your own

U2, Sometimes you can't make it on your own

venerdì 28 marzo 2008


Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.

Giovanni 15, 13

mercoledì 19 marzo 2008



E un Uomo sedeva da solo, sprofondato in una grande tristezza.
Tutti gli animali si avvicinarono e gli dissero: "Non ci piace vederti così triste; chiedici quello che vuoi e lo avrai."
L'Uomo disse: "Voglio avere una buona vista."
L'avvoltoio rispose: "Avrai la mia."
L'Uomo disse: "Voglio essere forte."
Il giaguaro rispose: "Sarai forte come me."
Allora l'Uomo disse: "Vorrei tanto conoscere i segreti della terra".
Rispose il serpente: "Te li mostrerò".
E così fu con tutti gli animali. E quando l'Uomo ebbe tutti i doni che loro potevano dargli, se ne andò.
E il gufo disse agli altri animali: "Ora l'Uomo sa molto ed è capace di fare molte cose. Improvvisamente ho paura."
Il cervo disse: "L'Uomo ha tutto quello di cui ha bisogno. Ora non sarà più triste."
Ma il gufo disse: "No. Ho visto un buco nell'Uomo, profondo come una fame che mai si placherà. Questo lo rende triste e lo spinge a desiderare. Lui continuerà a prendere e a prendere, finchè un giorno il mondo dirà: 'Non esisto più e non ho più nulla da dare'."

Leggenda Maya, da Apocalypto

lunedì 17 marzo 2008


Quando lei se ne andò per esempio
Trasformai la mia casa in tempio.
E da allora solo oggi non farnetico più
a guarirmi chi fu
ho paura a dirti che sei tu.
Ora noi siamo già più vicini
Io vorrei non vorrei ma se vuoi.

Come può uno scoglio arginare il mare?

Anche se non voglio
torno già a volare
Le distese azzurre
e le verdi terre.
Le discese ardite
e le risalite
su nel cielo aperto
e poi giù il deserto
e poi ancora in alto
con un grande salto.
Dove vai quando poi resti sola
senza ali tu lo sai non si vola.
Io quel dì mi trovai per esempio
quasi sperso in quel letto così ampio.
Stalattiti sul soffitto i miei giorni con lei
io la morte abbracciai
ho paura a dirti che per te
mi svegliai.
Oramai fra di noi solo un passo
Io vorrei non vorrei ma se vuoi.
Come può uno scoglio
arginare il mare
anche se non voglio
torno già a volare
Le distese azzurre
e le verdi terre
le discese ardite
e le risalite
su nel cielo aperto
e poi giù il deserto
e poi ancora in alto
con un grande salto.

Battisti - Mogol, Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi